ARCHEOLOGIA A VEGLIE

Veglie e la viabilità antica
La Via Istmica
"BRUNDISIUM-PORTU SASINE
"

(Plinio S.N. III 99/100)

(A cura della redazione di ArcheoVeglie)




     Gli insediamenti abitativi in Messapia del primo millennio a.C. sorgevano in genere, all'interno, ad una certa distanza dalla costa e su alture che ne rendevano più facile la difesa.
     Essi erano collegati tra loro con vie che avevano un valore fondamentale nella vita economica di quei tempi.
     I tracciati viari, anche i più remoti, vennero costruiti utilizzando la conformazione naturale del territorio che li renderà poi visibili nelle epoche posteriori fino ai nostri giorni.
     La rete stradale della penisola salentina, che è anteriore a quella romana e che collega tra di loro i numerosi centri abitati, è costituita da strade o sentieri in terra battuta al contrario di quelle che saranno costruite dopo il terzo secolo a.C. quando, con l'avvento di Roma, si avranno strade più importanti e meglio costruite perché destinate ad un traffico più intenso ed al transito delle legioni.
     L'esistenza di una rete viaria preromana fu importante per il collegamento di numerosi piccoli e grandi centri, il cui nome (tranne che per dodici città) fu cancellato dalla conquista romana e dagli storici che ne narrarono le gesta secondo l'abitudine che essi avevano di sminuire l'importanza dei territori conquistati per accrescere la fama della madrepatria.
     Le strade preromane persero la loro importanza dopo la conquista perché molti centri si spopolarono lasciando vivi solo quelli esistenti lungo le vie romane di grande comunicazione.
     Ovviamente, però, i conquistatori non costruirono ex novo tutto il tessuto stradale ma utilizzarono anche l'organizzazione viaria dei Messapi che erano un popolo bellicoso che già avevano respinto con tre guerre il tentativo di colonizzazione della greca Taranto e che conserverà a lungo una certa autonomia anche sotto la dominazione romana.
     "D'altra parte, negare l'esistenza di qualunque strada là dove sono gli uomini che non vivono quasi mai completamente isolati, sembra un assurdo" (Meluta D. Marin - Vie di Magna Grecia, atti II convegno studi sulla Magna Grecia 1962 pag.87).
     Negli approdi commerciali adriatici di S.Sabina, Brindisi, Otranto, Egnathia, ecc. , convergevano le merci e gli oggetti provenienti dalla Grecia, che venivano smistati verso i centri messapici dell'interno, costituendo un veicolo di <<acculturazione>> e di modificazioni sociali dei popoli indigeni.
     I ritrovamenti archeologici in queste zone, oltre a quanto desunto dalle fonti letterarie, confermano l'esistenza e la vivacità delle attività commerciali sin dall'VIII secolo a.C. , che legittimarono l'interesse di Taranto e i tentativi di essa di controllare le città messapiche sulle vie istmiche che collegavano l' Adriatico (Brindisi) allo Jonio.
     Tali tentativi furono prima pacifici con la penetrazione culturale (per es. : nei pressi della città messapica di Oria, nel 1978, è stato scoperto un santuario greco in cui veniva praticato il culto di Persephone con oggetti di provenienza tarantina sui quali vi erano iscrizioni in greco) per passare, poi, nel V secolo a.C. (a partire dal primo venticinquennio) allo scontro bellico con stragi e distruzioni modificando la vecchia politica pacifica dei greci di Taranto.

G. Lugli in VIE DI MAGNA GRECIA (op. citata da pag.35 e seg.) così scrive a proposito di strade antiche :

     "Per completare questo quadro sommario del complesso stradale del Mezzogiorno d'Italia desidero richiamare l'attenzione su di un particolare sul quale feci già una comunicazione nel IX Congresso di Storia di Architettura, tenutosi a Bari nel 1955. Si tratta di una serie di strade, orientate quasi esattamente da nord a sud, che mettono in comunicazione la costa con l'interno, superando, o girando, monti, fiumi e vallate senza mai perdere l'orientamento. Il loro tracciato è certamente artificiale, ma resta l'incognita se siano di origine greca, in rapporto con la prima colonizzazione, oppure di età romana in rapporto con la centuriazione. In ogni caso viene da domandarsi se esse servissero a popolazioni provenienti dal mare e dirette verso l'interno, oppure a popolazioni indigene che scendevano dal mare per motivi di commercio. Di queste ipotesi sembra da preferirsi la prima, perché con l'orientamento preciso era più facile addentrarsi nella penisola e ritornare al punto di partenza.
     Do qui un elenco di quattordici di queste strade nella Puglia meridionale, e rivolgo la preghiera alla Soprintendenza all' Antichità di Taranto di eseguire l'esplorazione sistematica di una di esse per vedere se i relitti archeologici che si trovano lungo il suo percorso permettano di risolvere, o quanto meno di fornirci qualche indizio per la risoluzione dell'interessante problema."


     Delle quattordici strade orientate Nord-Sud, tre sono quelle che congiungono la costa del Brindisino e lo Jonio :

la XI - T.Specchiolla, S.Vito, Latiano, T.S.Susanna, Erchie, Avetrana, Torre Columena.
la XII - Posticeddu, Staz. S.Vito, Mesagne, Mass. Calce, Mass. Guarnacchia, S.Pancrazio, Torre Lapillo.
la XIII - Torre S.Gennaro, Torchiarolo, Squinzano, Novoli, Copertino, Nardò, Gallipoli.

     Plinio nella sua "Storia Naturale" (III 99/100) così descrive una quarta via istmica fra Brindisi e Porto Cesareo: Latitudo paeninsulae a Taranto Brundisium terreno itinere XXXXV patet multoque brevius a portu Sasine. Per cui, secondo Plinio, le vie istmiche che congiungono l'Adriatico allo Jonio, hanno una percorrenza di 45 miglia fra Brindisi e Taranto e molto meno fra Brundisium e Portu Sasine.
     L'antico percorso istmico fra "Brundisium e Portu Sasine" (Porto Cesareo) che ha un orientamento Nord-Sud è ancora presente nella sua interezza (Brindisi-Tuturano-Cellino S.Marco-Guagnano-masseria S.Gaetano-Veglie-Porto Cesareo-scalo di Furno) nelle carte topografiche dell'I.G.M. del 1874 (F 203 I, F203 II, F 204 III, F 214 IV, F 203 II, F213 I), nelle carte topografiche dell'ex Regno di Napoli (gruppo 11 sez.8 del 1820, vedi Tav.1 e 2, e nell'Atlante Geografico del Regno di Napoli del Rizzi-Zanoni del 1806, tav. 18 e 22).
     Lungo tutta la via istmica che da Brindisi porta a scalo di Furno-Porto Cesareo sono evidenti i relitti archeologici che confermano la presenza umana fin dalle epoche più antiche e in particolare fra l'altro:

CELLINO S.MARCO, contrada La Mea (sulla Tuturano-Cellino S.M.-Guagnano) Tombe e materiale sporadico di età messapica, tra cui :
-ceramica Apula a vernice nera (V-IV sec. A.C.)
-ceramica tipo Gnathia (IV-III sec. A.C.)
-ceramica a vernice rossa di tipo Campano (III-II sec. A.C.)

(Notiziario Topografico Salentino II - Museo Archeologico "Ribezzo di Brindisi, pag.91-92-94 1974)

- Ritovamento (sulla Cellino S. M. - Guagnano). nei pressi della masseria "veli" di una tomba datata 2000 - 1800 a. C. che viene definita "un caposaldo per lo studio delle origini della civiltà del bronzo in Puglia".

(F. G. Lo Porto - la tomba di Cellino S. Marco e l'inizio della civiltà del Bronzo. Bollettino di Paletnologia Italiana, N. S. XIV, LXXI, LXXII (1962 - 63) pp. 191 - 224).

GUAGNANO, masseria S.Gaetano (sulla Guagnano-Cellino S.Marco)
-Villaggio neolitico

(N.T.S. II, op. citata, pag.84 - N.T.S. VII pag.23-35, 1975)

VEGLIE
-ritrovamenti sporadici del neolitico i cui reperti sono inseriti nella collezione De Simone.
(La Puglia Preistorica - Antonio Jatta, pag.72, tav.I-1914)

-ritrovamento di selci lavorate in terra d'Otranto
(Bullettino di Paletnologia Italiana - G.Nicolucci, anno 5° 1879 pag.140)

-Tomba con corredo funerario (IV sec. a.C.) consistente in un cratere a campana di stile Apulo a figure rosse con scena funeraria, un oinochoe a vernice nera, un piatto rustico, un piccolo sckiphos a vernice nera e uno strigile in bronzo (Storia di Veglie - Antonio Catamo, pag.9 - 1969). Il cratere viene così descritto dal Direttore del Museo Provinciale di Lecce, Mario Bernardini: "Cratere a campana di stile Apulo. Ramo di alloro sotto l'orlo.

A) Una donna vestita di chitone regge una patera e una benda, tra due efebi ignudi. Quello di destra ha la clamide avvolta intorno al braccio sinistro e reca un bastone e una benda. L'altro efebo cha ha una clamide come il precedente, regge un tirso e una patera.

B) Tre efebi ammantati: quello di mezzo con un lungo bastone. Sotto meandro a greca. Rotto ai manichi, bucato alla pancia. Disegno discreto. Alt. 0,40, diametro 0,40."
(Lettera inviata al Sopraintendente alle antichità di Taranto, dott. Nevio Degrassi, il 21 ottobre 1957).
(Archivio storico Sopraintendenza Archeologica di Taranto, sottofascicolo 1,B.31 , F.87) foto 1.

- Ritrovamento in Largo S.Vito (nel 2004) di un frammento di cratere a campana a figure rosse di fabbrica italiota databile nell'ambito del IV sec. a. C. (foto 4)

- Porta Nuova, ritrovamento di tombe con corredo funerario di epoca romana. (Rosario Jurlaro - Mediterranean, anno II N°4, pag.19 e seg. 1968)

- Ritrovamento in Via Montegrappa, a pochi metri da Via Madonna dei Greci sulla direttiva della via istmica Brundisium-Portu Sasine, di frammenti ceramici fra cui il collo di una brocchetta datata 474 a.C. (Contro Voci, A.VI n°3,4 - www.veglieonline.it - www.archeoveglie.it, La via Sallentina).Foto 2.

- Individuazione di antico asse di centuriazione romana lungo il cardine massimo che ricalca un tratto della Via Istmica nella immediata vicinanza del ritrovamento di cui alla foto 2. (Cristiana Tondo, inventario dei beni artistici storici e ambientali del comune di Veglie inseriti nel Piano Regolatore Generale).

- Casa Porcara, ritrovamento di reperti ceramici la cui datazione è del 490 a.C., vedi foto 3. (Radici- G.Negro, Biblioteca Archivio di Stato - Lecce, 1999 del Reg. cronologico di entrata, pag.15 e seg. - 2001 - www.archeoveglie.it, Le origini di Veglie.)

- Masseria Palombaro, ritrovamento nell'Agosto del 1938 di un tesoretto di monete in argento attribuite ad epoca romana repubblicana così come il Direttore Sopraintendente pro tempore di Taranto ha potuto accertare visionando le monete di cui venne in possesso conservate nel cassetto 14 del Medagliere presso la Sopraintendenza Archeologica di Taranto. (Notizie tratte dall'Archivio Storico della Sopraintendenza Archeologica di Taranto. Posizione archivistica: B.3, F.37, sottofascicolo 2.)

PORTO CESAREO - SCALO DI FURNO
Termina, quindi, a Porto Cesareo - Scalo di Furno la via istmica che proviene da Brindisi. Si deve al Prof. Domenico Novembre, con i suoi ritrovamenti in superficie di reperti ceramici, e poi agli scavi eseguiti dal Prof. Felice Gino Lo Porto per conto della Sopraintendenza Archeologica di Taranto, la identificazione di Scalo di Furno quale emporio sullo Jonio e punto di arrivo e di irradiazione verso l'interno, e una di queste direttive è la via istmica verso Brindisi, con una presenza umana che risale al XVIII-XVII sec. a.C. e arriva fino al periodo romano senza soluzione di continuità, così come viene testimoniato dagli scavi e dai ritrovamenti archeologici (F.G. Lo Porto, Porto Cesareo e l'insediamento protostorico di Scalo di Furno in Archeologia dei Messapi, pag.221 e seg. 1990 Edipuglia).
Il Prof. Lo Porto fa rilevare la similitudine fra una serie di piccole fornaci pertinenti al livello Meso-appenninico fra il XVI e il XIV sec. A.C. a Scalo di Furno e quelle rinvenute a Punta le Terrare presso Brindisi(Lo Porto 1970, L'attività Archeologica in Puglia, in ACMG, IX Napoli, pag.245-260), non solo, ma anche una affinità della ceramica "iapigia-geometrica" ritrovata sempre a Scalo di Furno negli strati pertinenti l'età del ferro con quella degli omologhi prodotti dell'altra sponda adriatica, Albania e Macedonia (Lo Porto, Archeologia dei Messapi, op. citata, pag.221 e seg.).
Non a caso, e ciò conferma l'importanza di Scalo di Furno, recentemente è stato segnalato e descritto a circa 3000 metri, perpendicolarmente alla costa, in località Schiavoni, un sito ricco di reperti in superficie la cui datazione certa (metodo della termoluminescenza) va dal XXVII sec. a.C. fino al periodo romano, ancor prima quindi, del primo insediamento accertato a Scalo di Furno (La Via Sallentina, www.archeoveglie.it - G.Negro, Radici, op. citata).

     La via istmica che proveniva da Brindisi, proseguendo dall'insediamento neolitico di mass. S.Gaetano, tocca Guagnano e lambendo, ad ovest, Salice per la via vecchia giunge a Veglie entrando da Porta Nuova, prosegue per il Cardine Massimo, Porta Vecchia, Via Roma, Via "Case nuove", Chiesa della Mad. Dei Greci.
     Questo tratto che attraversa Veglie, la vecchia via per il mare di Cesaria, veniva così descritta in un elenco delle strade comunali allegato ad una delibera della Giunta Comunale di Veglie in data 30 Sett. 1867 :
"21) Altra strada comunale che parte dall'abitato e mena alla spiaggia di Cesaria e precisamente dalle cosiddette Case Nuove, passando per S.Elia, rasendo i fondi della Cappella dei Greci e va a terminare al partifeudo di Leverano, lunga chilometri 5 e larga metri 6." (trascrizione a cura di Antonio De Benedittis).
     Dalla Cappella Madonna dei Greci si prosegue per Masseria Capuzzi, Masseria Ascanio, Masseria La Sarmenta, Porto Cesareo.
     Se il tracciato da Brindisi fino alla Mass. Capuzzi è ben individuato sulle Carte, sul terreno non è riconoscibile in più punti da tale località in poi a causa dello sconvolgimento agrario operato nel periodo dell'ultimo dopo guerra, negli anni 50, ma è ancora indicato nella sua interezza nelle carte topografiche del 1874 dell'I.G.M. , vedi Tav.3, 4, 5.
     Dopo la Mass. La Sarmenta la via istmica interseca la Via Sallentina a circa 500 metri prima che quest'ultima venga tagliata dall'attuale Leverano - Porto Cesareo e poi proseguendo incrocia, al Km 61, l'attuale stradale per l'Avetrana per giungere quindi a Porto Cesareo.
     Questa via istmica che sembra descritta da Plinio nella sua "Storia Naturale", va da Porto Sasine a Brundisium, almeno secondo l'opinione del Lugli, che propende a credere queste vie come di penetrazione da Sud a Nord per popolazioni provenienti dal mare e dirette verso l'interno.
     L'antica Veglie si trova sicuramente su questa via e "al centro di un reticolo di strade che fin dai tempi più antichi hanno consentito agli abitanti del posto di raggiungere senza particolari difficoltà la sponda jonica e adriatica dell'istmo salentino" (Silvana Arcuti - Veglie - Vicende Storiche ed evoluzione istituzionale, 2005, ed. a cura del Comune di Veglie) ed i ritrovamenti fanno comprendere la sua importanza anche strategica.
     Non è da trascurare, infine, che se si tracciano due rette che congiungono Taranto ad Otranto e Brindisi a Gallipoli esse vanno ad intersecarsi proprio su Veglie e ciò non è casuale ma fa comprendere come, in antico, le vie delle civiltà che congiungevano le città marittime del Salento venivano a rendere centrale il sito della nostra cittadina certamente abitato da tempi antichissimi.


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